Il seguente testo è tratto dal quinto capitolo del libro di Arthur Avalon intitolato Il Potere del Serpente, nel quale parla della Kundalini e dei Chakra. Il libro, pubblicato da Edizioni Mediterranee, si può scaricare liberamente da Archive.org al seguente link: Arthur Avalon - Il Potere del Serpente.
Capitolo V: I Centri (Chakra) o Fiori di Loto (Padma)
Parte 2: pp. 96-105
I Tattva, nel corpo pervaso da Prāṇa, vi possiedono certi speciali centri di predominio e d'influenza che sono i Chakra (centri o circoli o regioni) o Padma (fiori di loto), dei quali il nostro testo è una descrizione. Nell'interno del Merudaṇḍa, o colonna vertebrale, vi sono i sei centri principali dell'attività tāttvica, chiamati Chakra o Padma, i quali sono le sedi di Śakti, come il Sahasrāra, in alto, è la sede di Śiva [16]. Questi sono il Mūlādhāra, lo Svādhiṣṭhāna, il Maṇipūra, l'Anāhata, il Viśuddha e l'Ājñā, che, nel corpo fisico, si ritiene abbiano corrispondenze nei principali plessi ed organi nervosi, cominciando da quello che è probabilmente il plesso sacro-coccigeo sino allo "spazio tra le sopracciglia", che alcuni identificano con la ghiandola pineale, centro del terzo occhio o occhio spirituale, ed altri con il cervelletto. Gli stessi Chakra [17], tuttavia, come spiegheremo in seguito, sono centri di Coscienza (Caitanya) come forza estremamente sottile (Śakti); ma le regioni grossolane costruite dalle loro vibrazioni, soggette alla loro influenza, e con le quali talvolta sono identificati con leggerezza e inesattezza, sono state assimilate a vari plessi nel tronco del corpo e ai centri cerebrali inferiori menzionati. Nella regione inferiore del corpo, sotto il Mūlādhāra, vi sono i sette mondi inferiori, Pātāla e gli altri, insieme con le Śakti che sostengono tutto ciò che vi è nell'universo.
Il primo centro, o Mūlādhāra Chakra, che si chiama così perché è la radice di Suṣumṇā dove riposa Kuṇḍalinī [18], è al punto d'incontro del Kaṇḍa (radice di tutte le Nāḍī) e della Nāḍī Suṣumṇā, e si trova nella regione intermedia tra i genitali e l'ano. È dunque il centro del corpo umano [19]. Con questa e altre affermazioni simili fatte in riferimento agli altri fiori di loto, non intendiamo dire che il vero Chakra è nella regione indicata del corpo grossolano, ma che è il centro sottile di quella regione grossolana, centro questo esistente nella colonna vertebrale che forma il suo asse. Il lettore deve ricordare bene questo rilievo quando si fanno descrizioni dei Chakra, o se ne formerà un'opinione errata.
Il fiore di loto Mūlādhāra, color cremisi [20], è descritto come fornito di quattro petali, le cui Vṛtti sono le quattro forme di beatitudine dette Paramānanda, Sahajānanda, Yogānanda e Vīrānanda [21]. Su questi quattro petali vi sono le lettere d'oro Vaṃ, Shaṃ (*), Ṣhaṃ e Saṃ [22]. Ogni lettera, nella sua forma Vaikharī, è una manifestazione grossolana dello Śabda intimo o sottile. Sui petali sono raffigurate le lettere, che sono ognuna un Mantra e come tali una Devatā. I petali sono figure formate dalla posizione delle Nāḍī in ogni centro particolare, e sono in se stessi Prāṇaśakti manifestata da Prāṇavāyu nel corpo vivente.
Quando quel Vāyu si allontana, cessano di essere manifestati. Ogni lettera è dunque uno Śabda particolare o Śakti, e una Devatā dell'ambito (Āvaraṇa) della Devatā principale, e della sua Śakti del Chakra particolare. Quali Śakti, sono manifestazioni di Kuṇḍalinī, e nella loro totalità costituiscono il Suo corpo-mantra, perché Kuṇḍalinī è sia luce (Jyotirmayī) sia mantra (Mantramayī). Quest'ultimo è l'aspetto grossolano, Sthūla, del quale è fatto il Japa. Il primo è l'aspetto sottile, Sūkṣma, a cui si accede con lo Yoga. La loro enumerazione e la loro collocazione specifica indicano la differenziazione nel corpo dello Śabda totale. Questo fiore di loto è il centro della gialla Pṛthivī, o Tattva della "Terra", con il suo Maṇḍala quadrangolare, Tattva il cui Bīja o mantra è "Laṃ" [23].
In questo centro vi è il Pṛthivī Tattva, il cui Bīja è "La" con Bindu, la coscienza di Brahmā che presiede a questo centro, cioè "Laṃ", espressione in suono grossolano (Vaikharī) del suono sottile prodotto dalla vibrazione delle forze di questo centro. Analogamente, il Tejas Tattva sottile ed il suo Bīja "Raṃ" sono nel Maṇipūra Chakra, e il fuoco grossolano conosciuto come Vaiśvānara è nel ventre fisico, governato dal centro sottile. Questo Bīja rappresenta, in termini di mantra, il Tattva regnante in questo centro e la sua attività essenziale. Secondo il simbolismo adottato nel nostro testo, diremo che il Bīja è seduto sull'elefante Airāvata qui situato. Con questo e con gli altri animali raffigurati nei Chakra si intende indicare le qualità dei Tattva quivi dominanti. Pertanto l'elefante è l'emblema della forza, della fermezza e della solidità di questo Tattva della "Terra". Essi sono inoltre i veicoli (Vāhana) delle Devatā dei centri.
Dunque in questo Chakra vi è il mantra-seme (Bīja) di Indra, il cui veicolo è l'elefante Airāvata. La Devatā di questo centro, secondo il testo, è il Brahmā creatore, la cui Śakti è Sāvitrī [24]. Vi è anche la Śakti conosciuta come Ḍākinī [25], che, come del resto le altre Śakti, Lākinī e le successive, è tra le Śakti dei Dhātu o sostanze corporee [26] attribuite a questo ed agli altri centri. Qui vi è il triangolo "femminile", o Yoni, conosciuto come Tripurā, che è lo Śaktipīṭha in cui è collocato lo Śivaliṅga "maschile" conosciuto come Svayambhū, della forma e del colore di una giovane foglia, rappresentante, come ogni Devī e Deva, Māyā-Śakti e Cit-Śakti, aspetti del Brahman quale si manifesta nei centri particolari (vedi testo vv. 4-14).
I Liṅga sono quattro: Svayambhū, Bāṇa, Itara e Para. Secondo lo Yoginīhṛdaya [27], essi sono così chiamati perché conducono a Cit. Essi sono i Pīṭha, Kāraṇarūpa, ecc., perché riflettono Cit (Citsphuraṇādhāratvāt). Sono le Vṛtti di Manas, Ahaṃkāra, Buddhi e Citta. Ai primi tre si attribuiscono determinate forme e colori, cioè giallo, rosso, bianco, triangolare e circolare; così pure determinate lettere — cioè le sedici vocali, le consonanti da Ka a Ṭa (dolce), e quelle da Ṭha a Sa. Para non ha né forma, né colore, né lettere, poiché è l'insieme (Sāmaṣṭi) di tutte le lettere in forma di beatitudine.
Il Tripurā è nel Jīva il duplicato della Kāmakalā del Sahasrāra. La Devī Kuṇḍalinī, lucente come il lampo, che brilla nella cavità di questo fiore di loto come una catena di luci risplendenti, Colei che sgomenta il mondo e conserva tutte le creature che respirano, [28] giace addormentata, arrotolata tre volte e mezzo [29] intorno al Liṅga, coprendo con la Sua testa il Brahmadvāra [30].
Svādhiṣṭhāna è il secondo fiore di loto andando verso l'alto e, secondo il Commentario, prende il suo nome da Sva, o Param Liṅgam [31]. È un loto a sei petali, posto nel centro spinale della regione situata alla radice dei genitali. Su questi petali, simili alla folgore, vi sono le lettere Baṃ, Bhaṃ, Maṃ, Yaṃ, Raṃ e Laṃ.
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